Abbiamo scelto di ragionare in questa tavola delle sollecitazioni e degli effetti che i Riti hanno sulla coscienza nel contesto personale e di gruppo. Questi approfondimenti del rituale sono tratti dalle nostre esperienze personali e dagli studi della psicologia e dell’ipnosi.
Il nostro rituale:
· segue una procedura che favorisce uno stato modificato di coscienza
· è efficace per un cambiamento di stato, fisico, mentale, emozionale
· accresce la consapevolezza delle proprie capacità
· influisce positivamente dando energia;
Con la ritualità si modifica la coscienza individuale e si sperimenta un’espansione della coscienza, nasce una coscienza di gruppo che contiene e potenzia quelle individuali.
Per questa tavola Il “rituale” è il libro di testo, il “rito” è l’insieme delle norme che regolano la cerimonia prevista dal libro, la “ritualità” è il rito in azione con tutte con le sue componenti espressive, comportamentali ed emozionali che il libro non dice e la “cerimonia” è l’insieme delle azioni ordinate dal protocollo che siano di un rito o no.
Il Rito è il filo che ci unisce letteralmente ai nostri predecessori, i massoni delle origini, e alle tradizioni anteriori ed è il “tirante” che unisce i Fratelli di Loggia tra loro.
Il Rito è un potente campo energetico, e nella pratica di sé si scopre l’energia interiore e le dimensioni interiori orizzontali (consce e inconsce) e le dimensioni spirituali verticali di connessione con l’universo, con i nostri antenati nelle dimensioni spazio temporali che la scienze ermetiche da sempre insegnano e che la scienze moderne solo recentemente azzardano ad ipotizzare.
Si crea una sinestesia per cui i suoni diventano una geometria delle vibrazioni, i simboli diventano astrazioni che ri-orientano sul piano inconscio degli archetipi, il tutto si fonde in un’unica sfera sensoriale che stimola l’immaginazione.
L’Officina diventa un vero e proprio Athanòr delle emozioni, delle emotività positive e negative, delle forze sottili, delle intuizioni, delle nuove idee utili e necessarie alla crescita personale e collettiva.
I Riti massonici sono autentiche rappresentazioni sacre, che generano un’atmosfera di raccoglimento e di elaborazione introspettiva. Nel partecipare al Rito, lasciamoci coinvolgere attivamente, lasciamo che nasca un dialogo interiore e che questo possa fluire liberamente, potremo percepire la fusione del nostro spirito con lo Spirito Universale.
Dall’assistere al partecipare, ovvero come il singolo massone si pone nei confronti del rito nei diversi tempi del proprio perfezionamento iniziatico:
- L’INSENSIBILE: Non percepisco il senso del rito in seno al cerimoniale, che vivo come scenografico e non l’avverto nella sua sacralità! La questione è solitamente posta dai fratelli Apprendisti e convincimento di quei fratelli Maestri che preferiscono dedicarsi esclusivamente al “miglioramento della società” e “al rapporto tra Fratelli” e trascurano l’attiva partecipazione al rito. Se esiste una profanazione è proprio questa di abbandonare il contenuto iniziatico per un altro obiettivo e scivolare dall’iniziatico al nuovamente profano, al politico o al sociale che dir si voglia, sacrificando la ricerca dell’Essere Supremo in sé (VITRIOL). Sono un brav’uomo che fa del bene ma che luce non vede (non riesco a cambiare). Non mi interessa che il Rito sia fatto bene o che sia fatto male, sono del tutto indifferente, purché sia breve.
- L’ESTETA; Non percepisco il gioco dell’energia, della coscienza e dell’inconscio. Allora, rispetto e pratico il Rito, ne studio e assimilo il simbolismo, ma il tutto rimane formale e fittizio. Sono un bravo massone ancora incapace di percepire l’ascesi che raggiungerò se persevero. Mi piace la bellezza e che il rito sia fatte bene.
- IL PARTECIPATIVO: Non colgo l’Assoluto, ma “lo sento”, con la percezione dell’energia e la coscienza del gioco divino. Imparo allora a padroneggiare questo gioco abbandonando qualsiasi pretesa di controllarlo, fino a diventare un libero costruttore, libero di cooperare con il GADU alla costruzione. Sono un iniziato disponibile all’esperienza dell’Assoluto. All’aspetto estetico affianco quello virtuoso, personale e di gruppo.
- IL TRASCINATORE: Posso cogliere l’istantanea e totale connessione all’Assoluto. Quando accade, è un evento accidentale o, se preferite, una grazia. Tutto prepara a questa esperienza definitiva e nel Rito ho trovato un mio proprio linguaggio e ho sviluppato una mia propria cosmologia.
A ciascuna di queste declinazioni corrispondono da parte di noi massoni dei comportamenti essoterici, mesoterici (cioè intermedi, quali punti di passaggio) o esoterici.
Il Rito induce chiunque a un cambiamento, se questi partecipa attivamente.
I Fratelli forniscono energie e sono portatori di particolari vibrazioni (come afferma Einstein: tutta la materia è vibrazione la quale è energia) ma deve avvenire, per così dire, una consonanza perché si esprima la massima potenzialità. È come se il Rito fissasse una potenzialità che a volte può trovare subito la corrispondente assonanza col Fratello e a volte invece può trovarla solo in futuro, quando si verificheranno nel Fratello le giuste condizioni (Rif. Bacchiega).
Queste condizioni possono essere stimolate a presentarsi autoindotte con la costante e attiva frequentazione dei lavori di Loggia.
Il GOI è un Ordine iniziatico che pratica l’esoterismo e la Loggia deve tendere a questo compito nella pratica dei Riti dei vari gradi, nel far vivere l’esperienza spirituale del trascendente. Comunque ognuno di noi identifica il G.A.D.U., il suo richiamo nella formula d’apertura è affermazione di sacralità dei lavori “architettonici”, cioè edificanti, e tutto ciò che si svolge è in connessione con questo principio spirituale ordinatore.
In camera di primo grado diciamo che il Rito ha una funzione terapeutica, anche se non è la sua funzione principale e ristabilisce nel massone l’allineamento, l’armonia tra il corpo, l’emozione e il pensiero, fornendo la comprensione che siamo un tutt’Uno.
Il massone è invitato a studiare e meditare, per integrare la sua definizione di mondo spirituale che va man mano delineando, con l’esperienza delle energie sottili che percepisce, affinché tutto ciò sia equilibrante e rassicurante per la sua persona.
Quando il gruppo vive il rito, c’è un patto tacito, del singolo massone col gruppo, d’impegno e di co-creatività per lavorare insieme per la riuscita della tornata.
C’è una forza collettiva, un messaggio collettivo, un’importanza collettiva e ciò che accade nella Loggia accade dentro di noi. Meditate.
Se fate l’esperienza invasiva dell’eggregore, sarete voi a sollecitare l’attuazione migliore possibile del Rito e sarete dei partecipanti attivi che reclameranno un ritualità fatta correttamente.
L’esperienza è sempre superiore all’idea e soltanto chi ha vissuto l’energia dell’eggregore può comprendere che il cammino iniziatico è solo esoterico, esperienziale e non comunicabile, perché è fenomeno che non potrà mai essere adeguatamente definito e comunicato ad altri tramite le parole, perché vissuto interiormente da ognuno in modo unico.
La via massonica è una via di “risveglio”, affinché ogni massone possa approfondire la conoscenza di sé e possa realizzare ciò che veramente è.
Quando potremo dire che il Rito sta sortendo un qualche effetto di “risveglio”? Quando conseguiremo degli effetti pratici che solo la nostra autovalutazione può stabilire. Nella fase iniziale può essere la padronanza del dialogo interiore e dei pensieri, il migliorato rapporto con le emozioni e il comportamento, una maggior sensibilità che ci ha reso particolarmente ricettivi a certi segnali dell’inconscio e a certi fenomeni positivi, per così dire, fuori dal normale.
Potrebbe trattarsi di suggestione? Sì, nel suo significato psicologico la suggestione è un messaggio particolare in grado di influenzare il comportamento e penetra direttamente nell’inconscio senza passare al vaglio della ragione. Ad esempio: dalla suggestione di poter cambiare in meglio una certa prassi comportamentale e col tempo si acquisisce questa nuova prassi come del tutto naturale e spontanea.
Il Rito si muove tutto attraverso i simboli, i comportamenti, i silenzi, i suoni, gli odori, le luci, il linguaggio. Il rituale andrebbe letto con un tono di voce perfezionato e la giusta esaltazione dei passaggi, per avere il miglior effetto suggestivo. Le parole hanno un grande potere che va oltre il significato letterale. Il suono che riproducono, il tono e la velocità con cui sono pronunciate, la carica emotiva che trasportano, il ripetersi e la situazione in cui vengono utilizzate sono tutti fattori che contribuiscono a questo potere metalinguistico. Le parole possono influenzare uno stato d’animo o una decisione, possono cambiare un comportamento. Meglio non ironizzare sulla situazione che viviamo col Rito, meglio non scherzare con parole sarcastiche quando si svolge la ritualità, sia perché se si chiacchiera o si ironizza si produce dissonanza, disarmonia e soprattutto perché l’inconscio va preso fortemente sul serio, è sempre vigile anche ai particolari più piccoli, che coscientemente sfuggono alla nostra portata.
Dobbiamo allenarci all’introspezione (osservare) quando viviamo il rito, in assenza di tale allenamento le condizioni create dal rito d’iniziazione prima, e dalle ritualità delle tornate poi, si affievoliranno, si estinguerà la voglia di migliorarsi come massoni. Potremmo addirittura sviluppare difese più efficaci contro la maggior consapevolezza di sé, rendendo più difficile riprendere il cammino iniziatico, perché saremo, a torto, persuasi di “essere già un Iniziato”.
Sull’ipnosi chiariamo alcuni aspetti essenziali che possono aiutarci. L’ipnosi è un fenomeno naturale che tutti sperimentiamo varie volte al giorno: sogni ad occhi aperti, azioni compiute automaticamente, alterata percezione del tempo che passa… sono tutti fenomeni di tipo (auto)ipnotico e sono degli stati che possiamo imparare a comprendere e a coglierne l’utilità. A titolo esemplificativo vi parliamo nei supplementi alla tavola del Responsabile del campo energetico, che è il Maestro delle Cerimonie.
In conclusione gli assunti più importanti.
La Ritualità è il Rito inteso nella sua espressione dinamica ed emotiva, è lo strumento descritto dal Rituale che si attiva e costituisce un potente mezzo di ricerca interiore.
La Ritualità dona ordine, armonia e ritmo alle operazioni interiori che spesso, come ogni ricercatore/indagatore sa, sfuggono ai controlli che la nostra volontà vorrebbe imporre.
La Ritualità può essere considerata una delle forme che la Sacralità assume quando si mette in azione, se provvediamo opportunamente a creare le vie per la sua manifestazione.
Si deve però comprendere bene che la Ritualità non può essere considerata al di fuori dell'ambito esoterico, perché diventerebbe una vuota sequenza di eventi e azioni prive di scopo, senza alcun significato superiore allo scenografico. Si deve comprendere che è la Sacralità che si manifesta in Ritualità se vi sono i presupposti e non viceversa. Ogni evocazione che cerchi di creare la Sacralità attraverso la ripetizione “meccanica” e non convintamente partecipativa di un rituale, sia pure formalmente esatta, è destinata unicamente a creare aridità interiore, un Rito che si esprime in un bel teatrino dove sfoggiare la propria maschera quale proiezione e metafora del “fallo” desiderato, simbolo di ciò che si vorrebbe essere e non si è.
Più tardi, nel cammino iniziatico, comprenderemo che ogni tempo sarà sacro e ogni luogo sarà luogo del mistero e ciò accadrà quando avremo provato e conosciuto di essere noi il tempio e la via.
Ricorriamo sempre al rito e nella nostra Loggia lavoriamo ancora molto per perfezionare il rito del primo grado, perché ognuno di noi, apprendista, compagno e maestro, dia inizio e termini il processo di simbolizzazione, porti il tempio in sé e il tempio si manifesti in lui.
Poi tempo e spazio non saranno più sacri soltanto durante il Rito ma in ogni istante della nostra vita.
Quando questo accadrà?
Quando il processo sarà terminato, il rapporto con il Sé sarà radicato e cominceremo a lasciare l’orizzontalità profana per affrontare la verticalità dell’essere.
Nei gradi superiori si insegnerà questo.
E stiamo attenti, perché “per una dimensione orizzontale è impossibile mimetizzarsi tra figure verticali”. Allora, solo allora, l’unione degli sguardi basterà a consacrare gli spazi e un unico suono, un unico gesto, la sincronizzazione dei respiri dissolveranno il tempo profano e si produrrà un accesso al Reale, il Rito potrà essere svolto senza niente attendersi, soltanto per la gioia e il piacere di farlo, non per necessità, perché il momento formale e lo spazio formale avranno minore importanza.
Abbiamo ritenuto importante informare per tempo i fratelli tutti, non solo apprendisti e compagni, di ciò che possiamo realizzare nel futuro insieme, per dare aspettativa di un futuro esoterico nel gruppo e del gruppo: la nostra Loggia “in continua costruzione”. Ma non possiamo proporre prematuramente questo tipo di lavoro soprattutto in primo grado, nel quale dei Fratelli necessitano di svolgere ancora la funzione essoterica terapeutica.
Il primo grado è contraddistinto dal silenzio in cui si studia il simbolismo e si acquisisce una visione generale della Massoneria, che consente di percepire che è possibile avere accesso alla parte più profonda di noi e la consapevolezza di avere in noi la risposta, che saranno l’impulso per l’approfondimento nel secondo grado della conoscenza della nostra parte istintiva, emotiva e mentale, per approdare in terzo grado, in cui si interiorizza, a lasciare il controllo delle intenzioni alla parte spirituale che ha la risposta.
Abbiamo detto.
F.M.A. Daniele e F.M. Domenicomaria
COMPLEMENTO 1
DEFINIZIONE DI RITUALE, RITO, CERIMONIA E LITURGIA
Propriamente, ‘rito’ è sostantivo, e ‘rituale’ aggettivo, ma in italiano, così come in inglese, ‘rituale’ viene comunemente usato sia come sostantivo che come aggettivo.
RITUALE: Il termine “rituale” si trova scritto sui manuali che utilizziamo: “Rituali dei gradi simbolici” se comprendono tutti e tre i gradi, invece se specifici di ogni grado questi libretti sono intitolati “Rituale del primo grado Apprendista Libero Muratore”, “Rituale del secondo grado Compagno d’Arte” e “Rituale del terzo grado di Maestro Libero Muratore”. Per noi del GOI i “Rituali” sono quindi libri di testo che normano e designano le procedure formali di :iniziazione, passaggio di grado, di apertura e chiusura nei vari gradi. Abbiamo poi il “Rituale della Cerimonia di Regolarizzazione”, il “Rituale della Cerimonia di Affiliazione”, il “Rituale della Cerimonia di Risveglio dal Sonno”, il “Rituale d’Innalzamento delle Colonne di una nuova Loggia”. Recentemente è stato reintrodotto il “Rituale d’Investitura ed Insediamento del Il Maestro Venerabile de dei Dignitari di Loggia”.
Il “Rituale Emulation” è un rituale particolare applicato ai Gradi Simbolici della Massoneria in sostituzione del rituale ufficiale. La ritualità Emulation è stata autorizzata dal Grande Oriente d’Italia nel 1972, per essere poi adottata da alcune Logge italiane. Nel R.E. l’Oratore viene sostituito dal Fratello Cappellano (Chaplain) che ha il compito di leggere la preghiera invocatoria prima dell’apertura dei Lavori, che vengono poi dallo stesso conclusi con una preghiera di ringraziamento.
In altre massonerie che mantengono ancor più antiche Tradizioni i Rituali designano oltre a quanto riconosciuto dal GOI anche gli atti di osservanza delle Agapi Rituali e di varie altre cerimonie quali quelle solstiziali definite dal “Rituale per la Festa della Luce” in inverno e dal “Rituale per la Festa delle Rose” d’estate, poi ci sono i “Rituali della Celebrazione dell’Equinozio di Primavera” e quella dell’Equinozio d’Autunno, che sono sempre in grado d’Apprendista, il “Rituale della cerimonia Tornata Funebre” e il “Rituale del Riconoscimento Coniugale” e ancora il “Rituale per i Lavori all’aperto” e il “Rituale della cerimonia d’Iniziazione a Ulivello”. Ogni Loggia è sovrana nel designare i propri lavori e può celebrare cerimonie secondo questi antichi Rituali portati dalla Tradizione, ancorché questi non sono contrastanti con la Costituzione e i Regolamenti del GOI.
RITO: ne presente saggio designa l’ordinamento generale complessivo che regola la cerimonia prevista dai testi rituali, per attuare degli atti sacri, che comportano cioè l’idea di azioni e atteggiamenti efficaci spiritualmente e di ordine extraempirico (almeno in parte).
Il termine “rito” è usato anche per designare i “Corpi Rituali” cioè quelle Organizzazioni iniziatiche, riconosciute dal GOI, che sono da questo autonome, che dispongono di loro Costituzioni (non contrastanti con quelle dell’Ordine), e che nel territorio italiano hanno l’obbligo di reclutare adepti solo tra i Fratelli Maestri membri attivi e quotizzanti del Grande Oriente d’Italia. Quindi il G.O.I. non ha alcun potere di giurisdizione sui “Riti”, poiché i Maestri Massoni operano nei Corpi Rituali da loro scelti nella loro qualità di insigniti di Gradi autonomi.
RITUALITA’: designa l’aspetto pratico, la messa in pratica del rituale. Non è facile fare una distinzione e tracciare un confine netto tra rito e ritualità, ma ci proviamo: se il “rituale” è la teoria, uno strumento tecnico del rito che assolve la funzione di supporto che regolamenta molti degli atti da svolgere e le formule da recitare, la “ritualità” è la pratica, è lo svolgimento e l’insieme degli atti espressivi, della azioni simboliche, del coinvolgimento emotivo. La ritualità realizza le intenzioni del rituale, è il rituale che si mette in movimento.
CERIMONIA: indica semplicemente una manifestazione che segue una prassi, cioè delle azioni e formule ordinate da delle norme o da un protocollo, ma che non assurgono alla condizione di Rito vero e proprio. Alcune cerimonie sono impropriamente definite Rito, come la “Festa della Luce” e la “Festa delle Rose”, che sono unicamente cerimonie commemorative e rievocazioni di tradizione nordica.
LITURGIA: al giorno d’oggi non ha una definizione univoca e molti accettano quella di Beaudin che definisce la liturgia come “il culto della Chiesa”. È in uso oggi infatti principalmente se non esclusivamente nelle Chiese. Nella Chiesa d’Occidente indica tutto l'insieme dei riti e delle celebrazioni ufficiali, in Oriente indica principalmente la celebrazione dell'Eucaristia e con Liturgia, o Divina Liturgia, un ortodosso intende quella che nel mondo latino viene chiamata Messa, o Santa Messa.
Detto ciò, in Massoneria, che non è una religione, il termine liturgia non è usato, anche se non sarebbe scandaloso utilizzarlo nel suo senso etimologico originario di “servizio svolto da una guida a favore della collettività”.
Considero il fatto che antiche liturgie derivanti dalla Tradizione e portate nel contesto della Massoneria operativa cristiana avrebbero diritto a questo appellativo, anche se rischieremmo d’identificare il nostro operare con l’ambito liturgico delle Chiese.
I riti che noi svolgiamo sono testimonianza della via spirituale che percorriamo. “I Riti dissigillano e rivelano pienezza di riconoscimento della via spirituale”, perché sono capaci di esprimere la stessa pienezza della liturgia religiosa.
COMPLEMENTO 2
ALCUNE FORZE CHE AGISCONO IN LOGGIA
Le forze propulsive sono date dalla triangolazione delle Tre luci, da cui partono le iniziative progettuali e gli ordini operativi alle colonne e i maglietti che le luci impugnano servono a scandire i tempi di lavoro e a sincronizzare i tempi delle coscienze individuali con i loro colpi di richiamo e avvertimento. Col maglietto regolano il tempo rituale scandendo il ritmo, che è funzione fondamentale della ritualità, è la pulsazione vitale alla quale ognuno deve sincronizzare il proprio operare.
Le forze di contenimento sono date da una seconda triangolazione che opera in sincronicità con la prima ed è costituita dall’Oratore, che è custode degli Statuti e Regolamenti dell’Ordine di cui controlla l’osservanza e nelle sue conclusioni a chiusura dei lavori fissa nelle coscienze dei partecipanti i risultati del lavoro svolto; il Segretario che raccoglie e conserva il secretum prodotto dell’opera, cioè di quanto fatto nella tornata; il Copritore che presidia l’ingresso del tempio, per impedire che elementi estranei o dissonanti allo scopo entrino nello spazio che sarà sacralizzato , e che resti integro il rituale e la catena energetica creata con l’apertura dei lavori.
Le forze in movimento del Maestro delle Cerimonie, 1° Diacono e 2° Diacono. Sono gli agenti rituali che si spostano nello spazio del Tempio. I Diaconi fan circolare la parola e le disposizioni delle prime due Luci e il MdC presidia qualsiasi spostamento fisico e regola la dinamica del tempo. Il tempo del rito è il tempo della coscienza, rappresentata dalle tre Luci della Loggia. Sono le tre Luci che individuano i punti di riferimento del tempo rituale osservando il movimento del sole e fra questi punti si svolge il tempo del lavoro, che è il tempo rituale della luce attivatrice della coscienza.
Nella lettura delle formule rituali, nei movimenti e nelle deambulazioni, nelle batterie e nei colpi di maglietto, nella colonna d’armonia, nell’uso dell’asta da parte del MdC, tutto nel tempo del Rito deve risultare come il manifestarsi di un unico ritmo ordinatore che sincronizza le coscienze di tutti i partecipanti.
COMPLEMENTO 3
IL MAESTRO DELLE CERIMONIE
Il Maestro delle Cerimonie è l’Ufficiale di Loggia preposto a compiere le tipiche funzioni del Cerimoniere. Si assicura che il Tempio sia pronto in ogni dettaglio per l'apertura dei Lavori e si accerta che nel Tempio tutto sia giusto e perfetto. Come può farlo?
Perché è l’operatore qualificato ed autorizzato a fare determinate cose:
· prepara ed accende il Testimone. Entra per primo e da solo nel Tempio per sistemare il Testimone ed accenderlo e al termine dei Lavori e dopo l’uscita di tutti i Fratelli, rientra nel Tempio da solo per spegnerlo. Che cos’è il testimone e che cosa significa la sua accensione e spegnimento?
Il testimone è simbolo del Fuoco Sacro. Il Maestro Venerabile, supporto principale dello “Spirito che illumina i Lavori in Loggia”, Fuoco primario di Ariete, passa la lucciola al Maestro delle Cerimonie, Acqua primaria di Cancro, in modo da realizzare la “perfetta unione” androgina per compiere il “Tutto”. Alla luce di quanto esposto, il Testimone è il Simbolo del Divino che si mostra agli Uomini che lo cercano.
· prepara ed accende gli incensi e le resine rituali. Perché la Tradizione raccomanda l’uso di incensi e per di più di diverso tipo nei vari gradi?
· presiede ad ogni movimento e spostamento fisico nel Tempio, regolando l’andamento sul tempo del rito che lui stesso imposta fin dal momento in cui guida la marcia di squadramento all’ingresso. Il tempo del rito è il tempo della coscienza, il tempo della luce attivatrice della coscienza;
· guida la Marcia d’ingresso dei Fratelli nel Tempio, essendo in grado di penetrare il campo energetico del luogo fisico in cui si svolgono i Lavori, preparandolo alla sua qualificazione, cioè alla sua consacrazione ed erigendo, grazie alle energie fornite dalla volontà dei Fratelli (ecco la necessità della consapevole comunanza degli intenti dei presenti per la riuscita del Rito) una barriera “magica”[1] protettiva attraverso la Squadratura.
Egli è responsabile del campo energetico.
Il MdC, mediante la sua capacità di percepire lo stato interiore di ogni Fratello e della Catena, può raccomandare al Maestro Venerabile di non avviare i Lavori Rituali.
Può quindi anche interrompere la Squadratura del Tempio.
Dopo la lettura della Tavola tracciata nella Tornata precedente, egli traccia la Tavola di Loggia, dando così inizio ai Lavori rituali.
Nei passaggi di Grado, il MdC consiglia il Maestro Venerabile sull’opportunità di accedere o meno allo stato di coscienza energetico dei Lavori in Camera di Compagno o di Maestro, e provvede a modificare il Quadro di Loggia e, se sono usate, a modificare la composizione delle resine.
Nell’esercizio della sua funzione rituale il MdC si avvale di un lungo Bastone o Mazza Cerimoniale che non abbandona mai, nell’intero corso di ogni Tornata. Impugna l’asta con la mano destra: simboleggia il dominio delle energie che confluiscono nel Tempio, infatti, sarà soltanto alla chiusura dei Lavori che impugnerà l’asta con la sinistra; in questo modo, cambiando polarità, espande le energie all’esterno del Tempio in maniera che queste possano propagarsi a beneficio dell’Umanità. Va ricordato, a proposito dei colori del bastone, che deve essere rosso e che il rosso in esoterismo simboleggia l’ultimo stadio della Grande Opera e simbolizza il fuoco; l’oro è lo Zolfo filosofico; uno dei principi occulti costitutivi della materia, simbolo dell’oro alchemico per l’Opera finale.
L’Asta di legno
L’asta di legno è un simbolo importante e molti sono gli esempi biblici, ma citerò solo quelli relativi a Mosè, il primo dei Grandi Iniziati: il bastone di Mosè è dotato di poteri miracolosi concessi dal Signore. Questa “verga” era appunto una bacchetta magica, come è dimostrato dai brani dell’Esodo in cui Mosè la usò:
· per dividere le acque: “Alza il tuo bastone, stendi la tua mano sul mare e dividilo.” (Es. 14,16),
· nel deserto per far scaturire acqua dalla roccia: “Prendi nella tua mano il tuo bastone… tu percoterai la roccia, ne scaturirà acqua e il popolo berrà.” (Es. 16, 1-7),
· la Prima delle dieci piaghe d’Egitto, l'acqua cambiata in sangue: “Da questo conoscerai che io sono l'Eterno; ecco, col bastone che ho nella mia mano io percuoterò le acque che sono nel fiume, ed esse saranno cambiate in sangue.” (Es. 7,17),
· il bastone di Aronne che diventa serpente: “ Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Quando il faraone vi chiederà: Fate un prodigio a vostro sostegno! tu dirai ad Aronne: Prendi il bastone e gettalo davanti al faraone e diventerà un serpente!». Mosè e Aronne vennero dunque dal faraone ed eseguirono quanto il Signore aveva loro comandato: Aronne gettò il bastone davanti al faraone e davanti ai suoi servi ed esso divenne un serpente. Allora il faraone convocò i sapienti e gli incantatori, e anche i maghi dell'Egitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa. Gettarono ciascuno il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni.” (Es. 7,8-12).
Ricordo ancora il caduceo di Ermete, simbolo di molto anteriore ai greci e già presente sulla coppa del re sumero Lagash, che divide i due serpenti simboli delle opposte energie primordiali, una negativa e l’altra positiva, che successivamente si riequilibrano, intorno e grazie alla bacchetta che le ha separate. Separazione creatrice del mondo manifesto e dell’uomo. Il caduceo si ornerà di due ali quando Ermete diverrà Dio messaggero per far comunicare il mondo divino e il mondo creato. I poteri di questa bacchetta magica sono dichiarati dalla storia del dio.
E infine, non perché gli esempi siano finiti, ma perché credo che quelli portati siano sufficienti a chiarire l’argomento, ricordo il bastone della sacerdotessa di Demetra. Dea greca delle Messi era venerata a Eleusi. Il mito riguarda il ciclo delle stagioni sotto forma di discesa agli inferi. Le sacre feste avevano due livelli di partecipazione: uno collettivo e uno iniziatico. Nel primo si celebravano i raccolti, mentre con il secondo si comprendeva che c'era un modo di “coltivare il proprio futuro” che offriva anche un raccolto “spirituale”.
Il Maestro delle Cerimonie è il “Sacerdote-Mago”, identificato in Cancro che, essendo il domicilio della Luna, regge il piano animico. Va detto che durante il Lavoro nel Tempio il Maestro delle Cerimonie è l’unico che può muoversi senza autorizzazione del Maestro Venerabile; è Coscienza Cosmica della Dea Madre Terra che, muovendosi in ogni direzione, è in grado di indicarci la Retta Via aiutandoci nel Nostro Cammino: a patto di saperla muovere correttamente, usandola con Saggezza. Il fatto che il Maestro delle Cerimonie è indipendente nei movimenti nel Tempio, come la regina sulla scacchiera, non significa che sta al di fuori dalle regole, anzi deambulando ricopre la sua Carica di grande responsabilità, essendo colui che deve mantenere la sicurezza energetica del Tempio.
COMPLEMENTO 4
L’ATTESA NELLA SALA DEI PASSI PERDUTI
Il cerimoniale consente di prepararsi progressivamente al silenzio, a cominciare dal ri-orientamento tranquillo e concentrato nella penombra della sala dei Passi Perduti per uscire dal pensiero profano di disordine ed entrare nel giardino tranquillo in cui il Rito è compiuto, nel lento proseguire verso se stessi, senza condizionamenti.
Dobbiamo fare degli esercizi per conquistare inizialmente il silenzio in noi, far tacere il dialogo interno e lo stato emozionale. Questi esercizi sarebbe bene che venissero praticati anche la giornata in cui si svolge la tornata, per prepararsi convenientemente all’esperienza con l’eggregore che il Rito offre.
Quando il MdC chiama i Fratelli al silenzio e a predisporsi vicino alla porta d’entrata del tempio, vengono abbassate le luci per creare un’atmosfera suggestiva e le condizioni ideali di preparazione al Rito. Consigliamo di regolare la respirazione, rallentandola e inspirando a fondo per abbassare la tensione emotiva e raggiungere la pace interiore.
Stare in piedi vicino agli altri Fratelli con la mano destra sul cuore, aiuta a concentrarsi e a calmare la mente e il corpo. Ad esempio se il MdC recita una frase appositamente scelta allo scopo, ci si può concentrarsi su questa oppure si può pensare ad una immagine meravigliosa che ci piace particolarmente, ad uno scenario naturale o ad un sogno ad occhi aperti che trovate rilassante.
COMPLEMENTO 5
LA SQUADRATURA E LA CIRCUMAMBULAZIONE
delimitazione dello spazio che verrà consacrato(circolazione nel tempio)
La "squadratura" si compie a passo processionale, scegliendo la propria forma particolare di passo cadenzato; si gira intorno allo spazio non ancora consacrato. È atta a allontanare o annullare influssi profani ostili e dannosi. Si parla di rito apotropaico esorcizzante, inteso ad isolare quello spazio da influssi negativi e maligni[2]. La Circumambulazione (dal latino: circumambulatio) è una pratica diffusa in molte religioni (buddhismo, induismo e islamismo) ed era praticata anche in alcune cerimonie religiose europee pre-cristiane da etruschi e romani, anche per delimitare ritualmente e consacrare il terreno su cui si sarebbe edificato un tempio.
La nostra squadratura destrorsa si compie in senso orario, vale a dire in senso solare[3], partendo possibilmente dal punto (angolo) di nord-ovest. È la porta d’ingresso.
I Fratelli si recano ai loro posti, rimanendo in piedi e in silenzio, non all’ordine e partecipano alla squadratura con lo stesso stato d’animo di chi sta marciando. Devono sentire dentro di sé in modo empatico che sta avvenendo quel processo che definiamo essere con l'altro. È una forma molto profonda di comprensione, perché è richiesto di spostarsi da un atteggiamento mentale di mera osservazione a quello “sensibile” del piano emotivo o astrale, partecipativo, cercando di guardare attraverso gli occhi del MdC o del MV o di uno dei Sorveglianti.
Questo movimento rituale si esegue intorno al pavimento a scacchi con al centro il quadro di Loggia (non ancora realizzato o scoperto) e ai tre pilastri delle luci non ancora accese che lo inquadrano. Quando il corteo si sofferma ai quattro angoli significa che li stanno contrassegnando intorno ad un centro, che sarà l’elemento sacro quale asse verticale che pone in relazione il microcosmo col macrocosmo. Questo asse verrà rimarcato dal MdC, dopo aver disegnato i simboli del grado nel quadro di Loggia, ponendo il bastone rituale in perfetta verticale al centro del disegno che è il centro del Tempio.
COMPLEMENTO 6
LA CONSACRAZIONE DEL TEMPIO
La consacrazione del tempio per noi avviene in tre tempi, in successione:
· l'accensione del testimonio,
· il "fiat lux" che dirada le tenebre simboliche e crea il clima propizio alla sacralità;
· l'apertura del libro sacro, con la sovrapposizione della squadra e del compasso, che suggella il momento temporale della creazione di un nuovo mondo rigenerato;
· il rito della invocazione, l'equivalente del "veni Creator Spiritus", che si compie con l'accensione dei tre candelabri e con la formulazione dei voti che la sapienza, la bellezza e la forza ispirino il nostro lavoro.
[1] L'Istituzione si definisce erede di tutte le più antiche Tradizioni, ed i rituali comprendono eventi “magici del tipo simpatico”. I simboli e le allegorie adottati stimolano la fantasia e facilitano il coinvolgimento dei Fratelli presenti ai Lavori. Anche qui il livello di partecipazione, e lo sfruttamento dei benefici ottenibili nel corso di essi, dipendono dalla convinzione del singolo. É un “atto magic”o la squadratura del Tempio che precede l'apertura dei Lavori, determinante nella consacrazione del Tempio, effettuata volgendo il lato spirituale del corpo (cuore, o lato sinistro) alle tre luci che, allorché accese, confermano l’avvenuta apertura della Loggia. Altro “atto magico” è la Catena d’unione o d’Amore, nel corso della quale si consegue un potente interscambio energetico (definito filo d’argento) che consente di indirizzare pensieri e forze verso colui al quale la catena stessa è stata dedicata dal Maestro Venerabile prima della sua chiusura. É “atto magico” anche la stessa posizione che si è chiamati ad assumere nel corso dei Lavori, la cosiddetta posizione di Rah, in cui si realizza il collegamento energetico di tutti gli organi del corpo, onde attivare al massimo l’attenzione, e quindi ottenere la più intensa partecipazione possibile alla realizzazione dell’armonia della Loggia. Che dire infine del potere riservato al solo Maestro Venerabile, di conferire l’Iniziazione al profano e di concedere aumenti di salario ai Fratelli Apprendisti e Compagni d’Arte: è un “potere di natura magica”, conseguito attraverso la consacrazione alla massima carica dignitaria della Loggia. Ermete Trismegisto, nella sua Tavola di Smeraldo, insegna che quanto è nel piccolo è pure nell’immenso, così come che nel basso c’è quanto esiste nell’alto, confermando così in pieno l’identità della natura umana con quella divina. L’Alchimia sostiene la possibilità per l’uomo di maturare sul piano spirituale, di arricchire la propria coscienza, di evolversi, conseguendo attraverso il complesso processo detto di "trasmutazione" una condizione superiore a quella normale che, "se" opportunamente realizzata, implica natura e capacità superiori, definite "superumane". Al superuomo, risultante dalla realizzazione del cosiddetto Oro alchemico, sarebbero concesse facoltà che potremmo definire "angeliche", facoltà molto prossime a quelle divine. Non va scordato inoltre come la psicanalisi abbia ampliato gli orizzonti scientifici fino a comprendere e spiegare molte caratteristiche manifestazioni magiche e superstiziose, quali l’oniromanzia, i tabù, l’ipnotismo ed il complesso di Edipo. Buona parte dell’opera di Freud penetra nel mondo magico. Jung studiò i fenomeni magici e parapsicologici e li integrò nei principi fondanti delle manifestazioni dell’inconscio, ciò che caratterizzava tali esperienze era la percezione di unione tra l’interno di sé (pensieri, emozioni, desideri, inquietudini, etc.) e gli eventi esterni casuali. Casuali, in realtà, se visti in termini logici, ma così strettamente connessi al vissuto interiore da renderli unici, speciali, segnali di una connessione profonda tra l’anima e il mondo. [2] Il tracciato, che si compie delimitando lo spazio da consacrare, è rapportabile al rito etrusco di fondazione di un tempio, di una città, di un edificio sacro. Quando l'aruspice avvertiva i segni propizi, tracciava in alto col lituo (un bastone ricurvo ad una estremità, come l'attuale pastorale vescovile) il templum, cioè quella partizione di cielo che doveva proiettarsi sullo spazio terrestre e delimitava l'area da destinare alla costruzione. Ancora oggi usiamo il termine contemplare, che implica l'etimo templum, con significato di guardare in cielo. Si creava poi, al centro dell'area, il mundus, cioè una fossa per mettersi in corrispondenza con l'oltretomba e si offrivano primizie agli inferi. Suggellato il mundus con la lapis manialis, su di esso si innalzava l'ara per i sacrifici agli Dei Superni: si costituiva così un'asse sacra, l’asse del mondo, che poneva in collegamento i tre livelli: terrestre, ctonio e celeste. Così avveniva la consacrazione. Infine, con un toro ed una giovenca, entrambi bianchi, al giogo, si segnava con l'aratro il perimetro ed il solco era considerato fecondato, in quanto la penetrazione del vomere nella terra era equivalente ad una fecondazione. Il momento centrale del rito era, quindi, la creazione di quell'asse sacro, che si proiettava dallo zenit al nadir. La delimitazione fisica dello spazio era solo un rito complementare, del tutto accessorio: lo stesso valore e significato che ha per noi la squadratura o rettangolazione del tempio. [3] In origine, nell’antico rituale operativo il senso delle circumambulazioni era probabilmente polare, cioè sinistrorso, ciò in base al fatto che il trono di Salomone era posto a Occidente e non a Oriente, così da permettere a colui che lo occupava di contemplare il sole al suo sorgere (Guénon). F.M.A. Daniele
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